L’Argentina si avvia verso il default, il fallimento non si può più evitare. Una vecchia e famosa canzone diceva “Don’t cry for me Argentina”, anche se a piangere non dovrebbe essere la nazione sudamericana intesa come Stato bensì il suo popolo.
Si tratta del nono default in meno di un secolo, del terzo dall’inizio del millennio. Insomma, niente di nuovo.
Parte così la trattativa con il Fondo Monetario Internazionale, o meglio lo scontro. La vera battaglia si giocherà sulle condizionalità dell’FMI e sull’effettiva sostenibilità del debito.
A farne le spese saranno ancora una volta tutti gli argentini, che dovranno far fronte agli ennesimi sacrifici economici richiesti dal governo.
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Argentina: la situazione economica attuale
La situazione è molto preoccupante, e lo sa bene l’attuale presidente dell’Argentina, Alberto Fernandez. Ma tutto sommato non è a lui che si devono imputare le colpe del default, ma al presidente uscente Mauricio Macri.
L’eredità lasciata da Macri è pesantissima, inflazione superiore al 50% e conti pubblici peggiorati alla grande. E oltretutto, lo stato sudamericano non è affatto capace di controllare la spesa pubblica, diventato ormai un must del governo argentino.
Il debito totale ammonta a ,200 miliardi di dollari di cui la metà è denominato in dollari e fa parte di “debito estero”. Gli altri 100 miliardi di debito invece si suddividono in altre due parti: 43 miliardi di dollari in titoli locali (denominati in pesos) e 57 miliardi di dollari da restituire all’FMI.
Tanti auguri quindi al governo argentino, che sta già provando ad accordarsi con gli Stati Uniti, i maggiori possessori di titoli argentini (che fra l’altro vengono già regolati e gestiti da New York).
L’idea è di accordarsi per una riduzione del debito, cosa già in atto con il Fondo Monetario Internazionale, che ha già suggerito ai creditori privati di accettare una riduzione del debito compresa tra 55 e 85 miliardi di dollari.
L’eredità lasciata da Guzman
Intanto il governo guidato da Fernandez ha annunciato la sospensione del pagamento dei bond emessi sotto legislazione internazionale. Il totale è di 9,8 miliardi di dollari, sospensione che andrà avanti per tutto il 2020.
L’obiettivo è quindi riprendersi la sostenibilità del debito, la stessa che alla fine non c’è mai stata. Inoltre, il ministro dell’Economia argentino, Martin Guzman, ha dichiarato che il governo punta ad un equo trattamento sia per il debito pubblico gestito dall’Argentina stessa e sia quello sotto legislazione estera, ovvero dei titoli Bonar e Discount.
Il pagamento dei bond dovrebbe quindi essere rimandato al 2021. E il default è servito.
Il taglio del rating
Per quanto riguarda i Bonar, ovvero le obbligazioni a lunga scadenza emesse sotto legislazione argentina ma denominate in dollari, e per i Letes (uguali ma a breve scadenza), arriva la sentenza delle agenzie di rating.
Situazione che suona come “colpo finale” all’economia argentina.
L’agenzia Fitch ha tagliato il rating e retrocesso da “CC” a “Default Restrittivo”. Gli analisti di S&P invece hanno declassato il rating da “CCC-“ a “Default Selettivo”.
E lo stesso vale anche per Moody’s, che a dir la verità si era mossa già qualche giorno prima delle altre due agenzie di rating. Ebbene, si passa da “Caa2” a “Ca”.