Lo scoppio della pandemia dovuta al COVID-19 sembrava essere una grande occasione per YouTube. Molti utenti, infatti, sarebbero stati a casa, aumentando il tempo speso sulla piattaforma.
Tutto ciò, ovviamente, avrebbe dovuto portare più fondi da parte degli spondor.
Qualcosa, però, non sta funzionando. Nonostante l’aumento delle visualizzazioni, infatti, gli introiti per gli youtuber stanno diminuendo.
YouTube: ads e COVID-19
Inizialmente, YouTube aveva deciso di non permettere la monetizzazione ai contenuti che riguardavano il COVID-19.
Questa politica di gestione degli ads, però, è stata cambiata rapidamente. Attualmente, infatti, la monetizzazione non è consentita solo a quei canali che fanno disinformazione o violano i regolamenti di YouTube.
Questo cambio nella politica di gestione degli ads, ovviamente, è dovuto al fatto che molti creatori stanno pubblicando contenuti riguardanti il COVID-19.
Perché calano gli introiti (non solo su YouTube)
Molti youtuber, nonostante l’aumento delle visualizzazioni, hanno notato un calo degli introiti.
La maggior parte dei creatori ha capito che dietro a questo calo degli introiti ci sono gli inserzionisti.
Essi, infatti, non vogliono che i loro annunci vengano pubblicati sotto contenuti che parlano del COVID-19. Il problema, quindi, sarebbe l’associazione brand-virus che potrebbe nascere nei consumatori.
Quando preparano i loro annunci, gli inserzionisti hanno la possibilità di selezionare sotto quali tipi di video (o siti web) non far apparire i loro ads. Essi possono anche fornire un elenco di contenuti e parole chiave da cui i loro annunci devono “stare alla larga”.
Ciò si sta traducendo in milioni di annunci bloccati. Una società esperta nel settore degli ads ha notato un blocco del 36% degli annunci per il New York Times a marzo.
All’inizio dell’anno, il New York Times vedeva un blocco relativo ad appena il 6% degli annunci.
Il problema, come avete potuto notare, non riguarda solo YouTube, ma anche tutti quei siti che si affidano alle maggiori piattaforme di vendita ads.
La paura degli inserzionisti è giustificata?
Alcuni dati mostrano che gli inserzionisti stanno reagendo in maniera esagerata a questo problema di associazione brand-virus.
Secondo uno studio di marzo di Integral Ad Science, solo il 16% degli intervistati ha dichiarato di avere un atteggiamento meno favorevole nei confronti di un marchio se avesse visto i suoi annunci mostrati in un contenuto a tema coronavirus.
In quasi la metà dei casi, gli intervistati hanno dichiarato di voler effettivamente visualizzare annunci pubblicitari di determinati tipi di società insieme a tali contenuti, inclusi prodotti farmaceutici e marchi che hanno a che fare con la salute.
Cosa succederà?
Gli youtuber, normalmente, apprezzerebbero questa situazione con un pubblico più attivo, ma l’atteggiamento che stanno avendo gli inserzionisti non è dei migliori.
Secondo i dati di Tubular Labs riportati da eMarketer, dall’11 marzo il 30% dei video caricati su YouTube riguarda il COVID-19. Questi video da soli hanno creato il 40% delle visualizzazioni sulla piattaforma.
Secondo Digiday, però, questo tipo di video porta entrate del 30% in meno rispetto a contenuti non riguardanti il COVID-19.
Se a ciò andiamo ad aggiungere il fatto che le aziende hanno ridotto i budget per la pubblicità, appare chiaro che la situazione per gli youtuber (e per chi vive di pubblicità) non è per niente rosea.
Con l’evolversi della situazione, crediamo che questa paura da parte dei brand diminuirà. La “nuova normalità”, infatti, significherà che apparire accanto a contenuti riguardanti il COVID-19 sarà visto come normale.
YouTube, inoltre, si è dato da fare fornendo strumenti per aiutare le piccole imprese a creare contenuti.
Proprio questa settimana hanno lanciato la versione beta del loro YouTube Video Builder per dare un vantaggio alle piccole imprese che potrebbero non essere brave con la produzione video.
La situazione, quindi, non potrà che migliorare. Anche perché fare peggio sarebbe davvero difficile.