Targeting e segmentazione: come si ottiene la pubblicità mirata.

Partendo dagli obiettivi di promozione commerciale, attraverso fasi preliminari di analisi, segmentazione e targetizzazione, spieghiamo il processo che consente d’individuare un target e orientare il marketing mix dell’impresa.

Pubblicità sui nuovi media.

E’ una pubblicità selettiva soprattutto quella online che mira a un pubblico con determinate caratteristiche in base al prodotto che l’inserzionista intende promuovere. I requisiti possono riconoscersi su base demografica, focalizzando età, sesso, generazione, livelli d’istruzione, di reddito e occupazione, oppure psicografica, indagando sui valori del consumatore, personalità, atteggiamento, opinioni, stile di vita e interessi.

Un’attenzione non esente da variabili comportamentali, ad esempio nella cronologia del browser, degli acquisti e in altre attività online. In pratica, il targeting o pubblicità mirata si concentra su alcuni consumatori, destinatari esclusivi del messaggio rispetto ad altri, considerati privi di un profilo adatto all’acquisto o disinteressati a un particolare prodotto. Il targeting dunque, elimina gli sprechi concentrandosi su un pubblico ritenuto idoneo a varie campagne promozionali, uno strumento indispensabile alle aziende per ridurre al minimo dispersione pubblicitaria e relative spese attraverso le tecnologie dell’informazione.

Tradizionali canali pubblicitari, radiofonici, televisivi, cartellonistica ed editoria cartacea, saranno sostituiti in progress dalla tecnologia TIC per l’informazione e la comunicazione online. Le TIC includono tutti quegli ambiti professionali, eterogenei ma sempre più interconnessi tra loro, che progettano e incrementano il traffico digitale in un crescendo di professionalità e specificità.

Informazione online, cloud computing, reti sociali, commercio elettronico, marketing digitale, GIS, domotica, realtà virtuali, trasporto automatizzato, le tecnologie TIC o dall’acronimo inglese ICT (information and communications technology), possono essere considerate general purpose technology imprescindibili allo sviluppo sociale, economico delle comunità umane.

In tutti i canali TIC (o ICT), l’importanza degli annunci mirati, del targeting e della segmentazione aumenterà esponenzialmente per un cambiamento pressoché radicale. Allo stato attuale si utilizzano proxy di secondo ordine per gli obiettivi, ovvero il monitoraggio delle attività online dei consumatori sul web o mobile, l’associazione dei dati demografici storici degli stessi, keywords o query di ricerca come base d’interesse implicito, pubblicità contestuale con programma advertisement dove i relativi banner sono coerenti con ciò che vede l’utente. Per la pubblicità contestuale prendiamo ad esempio un blog che parla di viaggi: i banner inseriti visualizzeranno sconti e promozioni per pacchetti di volo, locations esotiche e così via.

targeting

Le aziende hanno affinato le capacità tecnologiche che consentono loro di accedere ai dati informativi circa i fruitori del web. Attraverso il monitoraggio dei siti visitati, esse possono mostrare direttamente annunci vicini alle preferenze del consumatore. La maggior parte dei siti web si avvale del targeting per tracciare il comportamento degli utenti, utilizzando i motori di ricerca e raggiungere un pubblico potenziale. Ad esempio, le campagne di remarketing di Google, altro non sono che una pubblicità mirata in cui i siti web si servono degli indirizzi IP che li hanno visitati per poi procedere col remarketing di annunci specifici, oppure ricorrendo a parole chiave correlate a un prodotto o a un servizio. Il remarketing dinamico può addirittura essere più mirato, poiché il messaggio pubblicitario è in grado d’includere prodotti e servizi che i consumatori hanno già visualizzato altrove, in Internet.

Altre modalità con cui le campagne pubblicitarie possono orientare, includono la cronologia del browser e quella delle ricerche. Ad esempio, se in un motore di ricerca come Google si digita la parola “stilografica” (o di un qualsiasi prodotto), si renderanno visibili annunci di stilografiche nella parte superiore delle pagine organiche, finalizzati all’area geografica dell’utente e del suo indirizzo IP o a regioni adiacenti. In scala qualitativa l’annuncio è influenzato da cinque componenti:

  1. la percentuale dei clic

  2. la qualità per la pagina di destinazione

  3. la pertinenza dell’annuncio/o della ricerca

  4. la performance geografica

  5. i dispositivi mirati.

Per Google AdWords, questi criteri così classificati, stabiliscono l’idoneità o meno dell’annuncio, il costo per clic (CPC) effettivo, la posizione, ecc. In altre parole, più alto è il punteggio di qualità, migliore è la posizione e minori saranno i costi.

Grazie alla sua rete di visualizzazione, il motore di ricerca traccia ciò che gli utenti guardano (pagine visitate ecc.), raccogliendo informazioni su di loro. Come? Soprattutto attraverso i cookie che rivelano cosa essi hanno cercato, da dove vengono, gli indirizzi IP. Insomma, Google costruisce un profilo intorno ad ognuno consentendo alle aziende d’indirizzare facilmente gli annunci pubblicitari in modo specifico e mirato. Raccogliendo dati come età, sesso, posizione, elementi a carattere demografico, informazioni sui siti web visitati o altre inserzioni da pagine precedenti, ciò consente d’inserire gli utenti in categorie di prodotti promozionali, una tecnologia detta di annunci comportamentali, in quanto si basa proprio sul tracciamento dei comportamenti di ogni singolo destinatario.

Criteri di segmentazione: dal geografico al comportamentale.

Frazionando il mercato in sottosistemi avremo dei segmenti riconoscibili, funzionali, con analoghe caratteristiche per desideri e previsioni d’acquisto, agevolando in questo modo il nesso tra domanda e offerta. La segmentazione non solo risulta determinante per attuare strategie di promozione e comunicazione pubblicitaria, ma permette di cogliere e decifrare i tratti dell’audience e la sua composizione, proponendo quindi un marketing variabile che riesca a soddisfare le esigenze di ciascun destinatario inerente al segmento individuato.

Il marketing mix o variabile è un insieme di azioni e metodi messi in pratica da un’azienda per il lancio e la promozione del proprio brand. Notoriamente, l’attivazione del progetto prevede le fatidiche 4P, le quali coprono 4 domini, ovvero prodotto, prezzo, promozione, punto vendita.

I criteri di segmentazione sono punti comuni rintracciabili in gruppi omogenei (come abbiamo visto: età, modus vivendi, contingenza geografica, oppure comportamenti e movimenti online). Il presupposto è che individui ascritti nello stesso segmento abbiano le medesime aspettative, reagendo in modo simile a un’offerta commerciale o a un messaggio pubblicitario. Senz’altro, incrociando diverse tipologie di dati si ottiene un’analisi più circostanziata e mirata dei potenziali clienti.

Di seguito, ecco i criteri di segmentazione più utilizzati.

1. Criteri geografici. Si basano esclusivamente sulla localizzazione degli utenti. In funzione a luogo e clima si studia una strategia di marketing adeguata.

2. Criteri sociodemografici. E’ la segmentazione maggiormente usata, perché basata su dati facilmente reperibili, permettendo una rapida targetizzazione per analisi e sviluppo di mercato. Le informazioni sociodemografiche comprendono genere, età, livello d’istruzione, tipologia di lavoro, reddito, situazione familiare.

3. Criteri psicografici. Attraverso questionari o sondaggi, la segmentazione raccoglie criteri inerenti a idee e punti di vista: hobbies, caratteristiche individuali, comportamenti, opinioni. Ad esempio, un tour operator può basarsi esclusivamente su criteri psicografici, ottimizzando la ricerca online con l’invito a selezionare “Mediterraneo” o “Paradisi lontani”. Una volta segmentati in due gruppi, gli utenti ritroveranno automaticamente suggerimenti e dettagli commerciali sull’opzione scelta, per dieci o più giorni successivi.



4. Criteri comportamentali. Attraverso il comportamento online e offline, analizzano il modo d’agire degli utenti sul sito. Per la modalità online valgono criteri come il tempo trascorso sul sito fino al momento in cui si esce, le pagine visitate, le abitudini e le occasioni legate all’acquisto che possono essere più o meno urgenti, la fidelizzazione al brand (newsletter), browsers e dispositivo utilizzati, l’origine del traffico. Diversamente, per la modalità offline, contano le volte in cui l’utente ha visitato il sito, la cronologia e il tempo intercorso tra un ordine e l’altro, l’ammontare dell’ultimo.

Ad esempio, un ipermercato segmenterà attenendosi al customer journey del sito. I clienti che visitano varie pagine: “giardino”, “mobili”, “vini”, “surgelati” e così via, oppure aggiungono prodotti di queste categorie nel carrello, saranno targettizzati secondo le attività che incrementano la vendita o alle proprie conformità d’acquisto.

Il database scaturito da ogni utente sarà ulteriormente suddiviso in due sezioni. Queste includono i “dati caldi”, come criteri comportamentali (iter di navigazione e cronologia), contestuali (geolocalizzazione, meteo), tecnici (dispositivo utilizzato); mentre i “dati freddi” o di cronologia sul CRM, si riferiscono a criteri demografici (età, genere, ecc.) o a dati comportamentali sugli acquisti fatti in precedenza (RFM).

Come e perché usare la segmentazione. Efficacia ed obiettivi.

Fino a qualche tempo fa, il marketing tradizionale cercava un terreno comune per avvicinarsi alla richiesta di massa. Oggi, la segmentazione tende a soddisfare singole esigenze per ogni tipologia di cliente. L’efficacia del segmentare è comprovata dalle statistiche, con una domanda che arriva dal 91% dei consumatori, evidentemente più felici d’acquistare brand personalizzati.

La segmentazione aiuta le imprese a capire ed affrontare meglio il mercato a cui intendono rivolgersi. Esaminando dettagli e caratteristiche dell’audience si comprende quale sia il gruppo che dimostra essere più coerente o ancora, chi è disposto a spendere molto. Ciò consente d’avere obiettivi precisi nel pianificare future azioni di marketing, confidando sul rapporto fra clienti e brand.

Sembra quasi impossibile ottimizzare il mercato e da un momento all’altro ritoccare i prezzi; tuttavia, con una segmentazione mirata si possono rintracciare gruppi disposti a spendere quel tot in più per un prodotto di alta qualità ed esclusivo.

In aggiunta, grazie a un approccio segmentato è possibile seguire l’andamento dell’investimento iniziale (o ROI, acronimo che indica la redditività delle risorse investite in promozione e pubblicità), calcolando in termini pratici, l’efficienza economica nella gestione dell’azienda. Si è osservato che con una campagna generica il tasso di ricavo sarà minore rispetto ad un marketing che diversifica in gruppi e sottogruppi. In altre parole, l’efficacia della segmentazione risulta avere più successo rispetto all’ottimalizzazione dell’intero mercato.

Come segmentare i nostri potenziali clienti? Si può procedere in due modi: evidenziando alcuni criteri a priori, o creando delle tipologie con metodo a posteriori.

Adottare il metodo a priori (rule-base segmentation), vuol dire parcellizzare l’audience in sottosistemi che mostrano affinità sulla base di criteri scelti aprioristicamente, analizzando dei dati o semplicemente ricorrendo al senso comune.

Un brand d’abbigliamento può stabilire di segmentare in funzione a geolocalizzazione e genere. Ad esempio, una donna che vive in una città del Nord e consulta il sito nel mese di dicembre, vedrà gli ultimi modelli di piumini e paltò, mentre per un uomo che vive più a sud, magari vicino al mare e che guarda il sito nel mese di giugno, ci saranno costumi, tshirt e bermuda.

I limiti del metodo a priori sono evidenti, dal momento che si segue uno schema che in alcuni casi può essere facilmente ribaltato e dunque bisogna partire con un’idea precisa dei parametri da adottare; se si punta a conoscere audience e mercato in modo circostanziato, più efficacemente si riuscirà a segmentare e vendere.

Il metodo a posteriori (cluster-based segmentation), rigetta criteri e regole predeterminate, osserva invece le analogie che intercorrono fra utenti raggruppandoli in base a queste. Gli elementi d’affinità non sono criteri fissi, gli utenti non vivono tutti in un’area circoscritta, hanno età diverse e disparati interessi. Si indaga su altri fattori: comportamento d’acquisto, notizie personali, risposte a sondaggi e test mirati. Si segmenta su somiglianze concrete, formando gruppi su dati reali, non ipotizzati. Per questo non interessa l’elemento a priori, inerente a “uomini di 45 anni incuriositi dalle automobili”, piuttosto, si raggruppano persone che hanno acquistato una certa tipologia di optional dopo aver visto una certa promozione, asserendo di possedere diversi veicoli.

Segmentazione e targeting: quali differenze.

La segmentazione divide il mercato in sottosistemi ma non tutti i segmenti individuati saranno utilizzati per la strategia di marketing. Poniamo il caso che un gruppo sia numericamente limitato o che non esista, allo stato attuale, la possibilità di raggiungere tutti gli utenti segmentati. Si rende quindi necessario distinguere quei segmenti utili sui quali indirizzare il budget: questa è la fase targeting.

La targetizzazione definisce precisamente il target (l’insieme di individui ai quali è diretta un’azione pubblicitaria), a chi sarà destinata quella campagna marketing, mentre la segmentazione prevede un’indagine più lunga e particolareggiata sull’individuare chi saranno in concreto, gli attuali e futuri clienti. Pertanto, con il targeting si selezionano uno o più segmenti ritenuti consoni al proprio business, individuando prodotti adatti a soddisfare i relativi bisogni.

Gli approcci sono sostanzialmente tre: con Mass Targeting (o marketing di massa), si intende l’attuazione di un’unica strategia estendendola all’intero mercato o a gran parte di esso. E’ un espediente a basso costo con un singolo prodotto proposto sul mercato a livello globale. La sua debolezza è che difficilmente si riesca a compensare differenze, eterogeneità degli utenti con età, cultura, capacità di spesa, stili di vita diversi. Il targeting di massa si adatta a una produzione che richiede poca versatilità da un mercato all’altro e che può essere pubblicizzata attraverso messaggi univoci e accessibili a tutti.

Il Target Marketing (o marketing concentrato), prevede invece strategie peculiari e prodotti studiati ad hoc per ogni segmento di mercato individuato. Indubbiamente, è il metodo più oneroso e difficile da mettere in pratica, ma che consente di soddisfare con rigore matematico le esigenze di realtà variegate. Implementare questa strategia richiede una profonda conoscenza del segmento target.

Il Mass Customization Marketing (o marketing differenziato), è un crocevia tra i due precedenti, con una serie di prodotti progressivamente adattati a tutti i segmenti di mercato.

Come targettizzare?

Abbiamo visto che la prassi usata nel grande mercato del web, dei social network e della realtà virtuale non è esattamente la stessa di quella offline. E che la pratica richiede applicazioni complesse insieme a una comunicazione attenta. Abbiamo visto come e perché segmentare… ma quando il procedimento passa al targeting, come districarsi e che priorità dare ai segmenti da targettizzare? Ci sono elementi che possono aiutare a distinguere quali segmenti target prendere in considerazione.

Pertinenza: il segmento deve avere levatura strategica, essere appropriato e formato principalmente da utenti con valore aggiunto. Le persone preferiscono vedere inserzioni pertinenti alle loro necessità o desideri e se le aziende mostrano i loro prodotti a un pubblico pertinente, ottengono risultati migliori con meno costi. Inoltre, identificare un segmento con “valore aggiunto” può contribuire in modo determinante al volume d’affari del brand.

Misurabile: il segmento da targettizzare dev’essere rimunerativo, ciò significa che l’azienda deve avere un’idea chiara sul numero dei potenziali clienti, del loro comportamento d’acquisto, calcolandone i vantaggi.

Accessibile: il segmento dev’essere convertito in consumi mediante azioni marketing. Vale a dire che l’azienda deve saper comunicare con il potenziale cliente, usando preferibilmente canali social ed essere egualmente in grado di soddisfarlo attraverso un’organizzazione di base come la distribuzione dei prodotti ordinati. Ad esempio, per un brand che si rivolge ai giovani, la scelta del canale di comunicazione é fondamentale, privilegiando Twitter, Instagram o Tumblr, rivolgendosi al proprio pubblico in modo diretto, originale, autentico.

Altri accorgimenti per applicare in modo appropriato targeting e segmentazione richiedono d’individualizzare la comunicazione pubblicitaria in funzione alle caratteristiche segmentate, poiché, come si è già ribadito, meglio conosciamo il target, più l’interazione risulterà efficace. Ad esempio, se l’audience è composto da bambini, la pubblicità sarà allegra, attinente al gioco e così via. Personalizzare il contenuto del sito, che possa richiamare interessi e geolocalizzazione; creare dei banner, cambiare formule facendo sì che coincidano con quelle del nostro segmento, catalizzare l’attenzione, intrigare l’utente.

Si può anche adattare il customer journey seguendo l’iter preferito dagli utenti. O rendere più visibili le categorie maggiormente ricercate, risistemare la sezione del menu secondo le precedenze scelte, come pure la performance nella barra di ricerca. Coinvolgere il cliente attraverso l’invio di e-mail e farlo prima che abbandoni il sito, offrirgli prodotti collegati alla cronologia visite/acquisti, proporre promozioni e offerte in funzione al rapporto che ha con il branding.

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Conclusioni.

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Un Commento

  1. Molto interessante ed esaustivo. Sufficientemente tecnico e specifico, ottimo, c’è ne fosse di gente cosi’ preparata nel nostro paese.

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